Curiosità

Intervista a un sommelier: David Costa

Se ami quello che fai le cose belle vengono da sé!

Questa è la frase che il giovane cuoco e sommelier David Costa, ha ripetuto più volte nel corso della nostra intervista. Curioso e dinamico come pochi, da sette anni lavora a Taormina e noi di CHITI abbiamo voluto conoscere più da vicino il percorso che lo ha portato ad innamorarsi del suo lavoro.

Come nasce il tuo interesse per il vino?

Oltre ad essere un sommelier sono anche un cuoco. Ho cominciato ad interessarmi di vino proprio per trovare il giusto abbinamento tra ciò che cucinavo ed i vini presenti nella carta del ristorante. Abbinare cibo e vino è come cucinare. Il punto di partenza per scegliere un vino adatto non sono solo gli ingredienti di cui è composto il piatto, ma il modo in cui il cibo stesso è cucinato.

E poi, ho scoperto un mondo di vini, là fuori. Con un poco di curiosità, allora, ho voluto iniziare a scoprirlo!

Hai avuto una guida nel tuo percorso per diventare sommelier, qualcuno che ti ha ispirato o aiutato a realizzarti in questo campo?

Di solito si iniziano le grandi cose quando sono ancora piccole, un viaggio di mille miglia deve iniziare sempre con un singolo passo. I miei primi passi da aspirante sommelier mi hanno condotto a Catania e mi sono affidato ai corsi di FISAR. Dalla prima lezione è stato come iniziare un viaggio, il mio viaggio, nel mondo del vino. La mia guida quindi è stata, ed è tutt’ora, la FISAR.

Parlaci del tuo rapporto con la FISAR

Un amore, il primo amore al quale non potrei rinunciare. Nel 2012 ho cominciato a seguire il corso di primo livello per curiosità. Più che l’inizio di un corso è stata la partenza per un viaggio polisensoriale nel mondo del vino. Così dopo aver soddisfatto le miei prime curiosità sull’enologia, mi sono reso conto di essermi innamorato dell’iconico tastevin, di decanter e cavatappi, senza più riuscire a smettere.

Con FISAR ho poi continuato con un itinerario attraverso le regioni italiane, europee e mondiali che producono vino, tracciandone una prima mappa identitaria attraverso lo studio delle uve di determinati territori, la loro relazione con il suolo, il clima, la posizione dei vigneti, le pratiche vitivinicole ed enologiche utilizzate localmente. Ho scoperto poi la combinazione perfetta con cui gli aspetti salienti di un cibo e di un vino si armonizzano e si esaltano reciprocamente.

Nel 2017 volo a Mestre per il Master C&D (Comunicazione e Degustazione del vino) che mi permette di approfondite le tematiche legate alla degustazione ed illustrate le tecniche per una corretta comunicazione. Perché se bere è piacevole, degustare è un atto intelligente che richiede preparazione.

Nel 2018 mi candido a consigliere FISAR di CATANIA e vengo eletto con un alto consenso, da me inaspettato. Da allora sono ufficialmente il Social Media Manager di FISAR CATANIA. Ho provveduto al rinnovamento del sito ufficiale e a promuovere i corsi e le attività della delegazione catanese sui tutti i canali social, riscontrando un ottimo risultato non solo tra i nostri associati. I corsi sono raccontanti sui social come in una sorta di storytelling ed è appassionante per i corsisti, e non solo, seguire le tematiche trattate ed i vini degustati ad ogni lezione. Insomma racconto per coinvolgere.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Ciò che mi piace di più della figura del sommelier è legato all’aspetto della comunicazione, riferita sia alla gestualità sia alla capacità di raccontare attraverso il vino il proprio bagaglio professionale e personale.

Un servizio di classe sarà in piena simbiosi con un piatto ben elaborato e ben presentato ma allo stesso tempo una particolare gestualità e discrezione nel servizio è fondamentale per rendere tutto assolutamente perfetto e speciale.

Qual è la prima cosa che cerchi quando assaggi un vino che non conosci?

Cerco di decifrare le sensazioni. Anche le sensazioni infatti possono essere valutate e raccontate. Grazie a determinate tecniche cerco, inoltre, di fare una rapida analisi sensoriale che mi permette di valutare attraverso gli organi di senso le caratteristiche organolettiche del vino.

Quali caratteristiche deve avere un buon vino e quali sensazioni deve comunicare?

Adoro i vini dalla complessità olfattiva. Ognuno di noi possiede un bagaglio di profumi personale, cosicché l’analisi di questi elementi può divenire anche soggettiva. Nei vini giovani si possono trovare fresche e croccanti note floreali e di frutti; in quelli più maturi sentori di marmellata o canditi. Con l’evoluzione si arricchiranno, inoltre, di note tostate e speziate, soprattutto dopo passaggi in legno.

Ma solo il naso non basta. Un buon vino deve avere soprattutto un giusto equilibrio. Degustando un vino possiamo distinguere la morbidezza data dagli zuccheri e/o dagli alcoli, la durezza data dagli acidi, dai tannini e dalle sostanze minerali. L’importante è trovare fra questi elementi un buon equilibrio, che, comunque, evolverà a seconda della maturità del vino, favorendo la durezza nei vini giovani e la morbidezza nei vini maturi, mentre è ben bilanciato nei vini pronti.

Infine ma non meno importante, il vino, così come la cucina, è emozione, è scoperta di nuovi sapori, di accostamenti sorprendenti. Non bisogna per forza essere degli esperti di vino per beneficiare di queste sensazioni: la conoscenza e la curiosità sono cose bellissime ma nascono da una voglia di approfondire ciò che piace ed emoziona.

Qual è l’abbinamento cibo-vino che preferisci?

L’argomento dell’abbinamento cibo-vino è uno dei più spinosi. Quante volte abbiamo sentito polemiche a proposito di abbinare il pesce col vino rosso e la carne col vino bianco. Quanto tempo ad ascoltare opinioni su cosa bere con questo o con quel piatto? Si tratta di un argomento tra i più complessi del mondo enogastronomico perché legato alla soggettività della persona che ne esprime un giudizio.

Grazie al mio lavoro ho continuamente modo di sperimentare svariati accostamenti cibo-vino, dagli accostamenti più adatti a quelli in contrasto a quelli più azzardati. Il pesce meglio con i bianchi ma adatti anche certi rossi. L’affermare che con la carne ci vuole il vino rosso vuol dire tutto e il suo contrario. La parola d’ordine è distinguere, classificare, analizzare. Di che carni parliamo? Come sono state cucinate? Ci sono carni bianche, rosse, selvaggina, carni speciali, tagli misti, interiora, insaccati e molto altro. Se prendiamo in considerazione anche l’utilizzo di salse e spezie, le miriadi di ricette tradizionali, il già vasto universo si amplia ulteriormente rasentando l’infinito, un infinito che non è mai stato così affascinante.

Ricordo di un piatto – un ottimo brasato all’Aglianico con purè di patate, preparato a una lezione FISAR – abbinato in modo volutamente “provocatorio” con lo Chardonnay di Tasca d’Almerita. Ebbene, il vino bianco ha retto perfettamente l’onda d’urto riscontrando l’assenso di molti.

L’abbinamento che mi piace? Da buon siciliano preferisco un abbinamento regionale e anche molto goloso: il Passito di Pantelleria con la Cassata Siciliana è d’obbligo!

In quali altri ambiti affini al tuo lavoro ti piace spaziare?

Mi incuriosisce tutto ciò che ruota attorno alla bella tavola. Il cibo e il vino, ovviamente, ma anche la birra e l’acqua. Ho frequentato il primo corso organizzato in Sicilia per diventare sommelier della Birra. Successivamente sono volato a Morciano di Romagna per saperne di più sulla figura dell’idrosommelier ovvero il sommelier dell’acqua e seguire quindi i corsi tenuti dall’ADAM (Associazione Degustatori Acque Minerali): così come per il vino, anche per le acque mi si è aperto un mondo!

Che il pesce vada accompagnato dal vino bianco è noto, anche se la regola ha le sue eccezioni, ma poco o nulla si sa sugli abbinamenti ideali tra cibo e acqua. In bocca, le acque minerali non sono tutte uguali: proprio come il vino possono avere più o meno gusto, più o meno identità.

Come ti approcci al pubblico/clienti?

Per ottenere il miglior risultato, noi sommelier che lavoriamo in un ristorante dobbiamo avere un duplice confronto. In primo luogo è importante lavorare in sintonia con lo chef per valutare insieme quali tipi di vino proporre sulla base dei piatti presenti nel menù.

E poi bisogna, ovviamente, approcciarsi al cliente con il dovuto tatto, per consigliarlo al meglio nella scelta più opportuna del vino per ciascun piatto o per tutto il pasto. Questo è un momento assai delicato perché il sommelier non deve dare l’impressione di forzare la scelta di un determinato vino, piuttosto deve illustrarne le caratteristiche e guidare il cliente rispettando le sue preferenze. Di sicuro l’atteggiamento più sbagliato per un sommelier è fare il saccente.

Quale è stata la prima cantina che hai visitato?

Tenuta di Fessina è stata una delle prime visitate, un amore a prima vista! La cantina si trova in contrada Rovittello nel comune di Castiglione di Sicilia, uno dei borghi medievali più belli d’Italia. Due sciare antiche scese dall’Etna abbracciano da un lato e dall’altro il vigneto della produttrice Silvia Maestrelli, creando un microclima unico dove ben si relazionano vite e suolo.


Conoscere un vino significa andare sul posto, ritrovarsi esattamente in mezzo a quei vigneti da cui si ricava quel determinato vino. E’ stato emozionante visitare il palmento del Settecento in pietra lavica, oggi perfettamente restaurato, con l’antico torchio per la pressatura delle vinacce ancora intatto, ed entrare in bottaia per ammirare le botti e magari provare a fiutare l’odore del vino che vi è contenuto dentro, degustare in anteprima direttamente dalla vasca il loro Erse Rosato.

Il loro vino “A’ Puddara” è un cru di Carricante per un Etna DOC Bianco che è un doveroso omaggio alla Sicilia. È un vino rigoroso, un grande bianco che fermenta interamente in botte grande, come da antica consuetudine etnea per la vinificazione del Carricante. Di questo vino mi ricordo ancora la vena nascosta di affumicato.

Quale potrebbe essere la tua classifica dei migliori vini italiani?

Mi viene difficile stilare una mia personale classifica dei migliori vini italiani. Sono tantissime le eccellenze enologiche italiane che ho degustato da nord al sud ed ognuna di esse racconta un territorio e storie diverse, proprio come le emozioni che trasmettono.

Tra i rossi come non amare il Sassicaia di Tenuta San Guido, il Barolo di Coterno, il Brunello di Montalcino di Biondi Santi, il Tignanello di Antinori e poi ancora il barbaresco di Angelo Gaja e l’Amarone di Quintarelli, Es di Gianfranco Fino, il Mille e una notte di Donnafugata. Tra i bianchi il Cervaro della Sala, il Vintage Tunina di Jermann, il mitico passito Ben Rye di Donnafugata, figlio del vento dell’isola di Pantelleria. Infine impossibile non citare i vini dell’Etna che sanno raccontare benissimo le mille sfumature del Vulcano più attivo d’Europa.

Come si posiziona, secondo te, la produzione italiana rispetto ad altri paesi?

I vini italiani sono sempre più apprezzati all’estero. Lo confermano i dati sulle esportazioni che rivelano un nuovo record delle etichette italiane sui mercati internazionali: 6,2 miliardi di euro di fatturato nel 2018, pari ad un +3,3% rispetto all’anno precedente. Credo che l’Italia non sia seconda a nessuna quando si parla di vino, di gastronomia, di moda e design oltre che di arte. L’insieme di tutti questi aspetti definisce poi lo stile italiano e l’italian lifestyle.

Quali episodi della tua carriera ricordi con piacere e orgoglio? E quali invece sono stati i momenti di difficoltà?

Sono tanti i ricordi e le soddisfazioni che il vino ed il mio lavoro mi hanno regalato! Ricordo una bellissima esperienza al Grand Hotel Villa Igiea di Palermo, un luogo magico dove è possibile respirare l’aria del Liberty e della Belle Epoque, ex residenza della famiglia Florio, giusto per rimanere in tema vino. Un servizio per circa quattrocentocinquanta ospiti nei giardini della villa in occasione del blindatissimo gala dinner organizzato per festeggiare la sontuosa collezione Dolce&Gabbana ovviamente con fiumi e fiumi di vini, rigorosamente siciliani.

Un altro piacevole ricordo riguarda Taormina, quando si è svolto “le Chapitre de Printemps de l’Ordre” presso l’Hotel Villa Carlotta. Ogni anno, in primavera, l’Ordre des Dames du Vin et de la Table organizza un viaggio in un vigneto francese o straniero. E’ stato un piacere in quell’occasione collaborare come supervisore per la perfetta riuscita dell’evento, scegliere i vini in degustazione da abbinare ai piatti da me preparati e serviti durante la cena di gala. È stato un onore, infine, consigliare alle socie dell’Ordre alcune cantine da visitare e gestite da meravigliose donne siciliane produttrici di vino.

Devo dire che non ricordo particolari momenti di difficoltà incontrati sul mio percorso lavorativo. Se ami quello che fai le cose belle vengono da sé!

Hai dei nuovi progetti a cui stai lavorando? Altri obiettivi che ti piacerebbe raggiungere?

A fine ottobre ho concluso la mia settima stagione turistica in un ristorante a Taormina. L’esperienza taorminese mi porta sempre ad essere a contatto con una clientela internazionale sempre più esigente e appassionata di cibo e vino. A breve concluderò anche i Wine Tours ovvero tour di degustazioni per winelovers provenienti da oltreoceano, sopratutto americani, australiani e cinesi. Sono infatti già tre anni che collaboro con una agenzia messinese che promuove l’enoturismo in Sicilia attraverso la conoscenza del vino prodotto dalle cantine siciliane. Mi ritrovo quindi spesso sull’Etna per descivere e degustare del buon vino e i piatti realizzati in accompagnamento, e spesso mi capita di dare anche qualche ricetta tipica siciliana.

Novembre è un periodo di fine stagione lavorativa ma per ogni finale di stagione che si rispetti, c’è sempre un nuovo inizio, soprattutto per chi ama questo settore. Così tra non molto inizierò una collaborazione con un famoso ristorante siciliano 2 stelle Michelin, eletto tra i migliori d’Italia secondo una recente classifica stilata da Gambero Rosso. Sono molto entusiasta della grande opportunità lavorativa e di crescita professionale che mi si prospetta.

Qual è il tuo consiglio a chi vuole diventare un bravo sommelier?

L’umiltà, lo studio, la costanza e la dedizione verso ciò che si fa pagano sempre. Bisogna seminare quotidianamente, per poi poter raccogliere i frutti ed avere anche grandi soddisfazioni. Come ho già accennato prima, se ami quello che fai le cose belle vengono da sé!

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